C’è qualcosa di commovente nel trovarsi davanti a una Ferrari 308 GTSi del luglio 1982 che sembra appena uscita da Maranello. Non restaurata, non ricondizionata: semplicemente rimasta intatta nel tempo.
Un esemplare italiano da sempre, custodito solo da investitori e collezionisti, certificato Ferrari Classiche, con 2.900 km originali da nuova.

La prima vernice, la targa originale di Avellino, e ogni dettaglio raccontano una storia di rispetto assoluto. Ancora oggi, questa vettura conserva le gomme di primo impianto, gli imballi in nylon sui battitacchi in alluminio, il cartellino Veglia Borletti appeso con lo spago all’orologio, la lampada d’emergenza Ferrari, il libro service, il manuale d’uso, le doppie chiavi e perfino il bollino di collaudo sui cerchi.

Sotto al telaio, la cera d’origine è ancora visibile; il motore non è mai stato lavato; la polvere accumulata in quarant’anni è la firma del tempo che si è fermato. Tutto è rimasto come allora.

A marzo, l’auto è stata oggetto di un tagliando completo da 13.000 euro, comprendente cambio cinghie distribuzione, olio, filtri, carica condizionatore e controlli generali: un intervento filologico, pensato per mantenerla viva e perfetta, non per modificarla.

Guardarla da vicino è un’esperienza che toglie il fiato: le proporzioni, il rosso profondo, il profilo inconfondibile di Pininfarina. È una 308 GTSi perfettamente conservata, originale in ogni vite, ferma da più di quarant’anni, eppure capace di raccontare ancora oggi la passione di una generazione.

Un esemplare spettacolare, probabilmente unico in Europa, forse al mondo.
Una Ferrari che non si guida: si contempla.
Un pezzo di storia vivente, che incarna l’idea stessa di collezionismo.
Perché certe auto non si possiedono.
Si tramandano.